Approfondimenti... Etica del lavoro

Ma cosa si intende per etica?

La parola “etica” etimologicamente, deriva dal greco antico èthos, che vuol dire "carattere", "comportamento", "costume", "consuetudine" che risente delle caratteristiche socio-culturali.

L’etica è una branca della filosofia che riguarda i principi e i valori sui quali si fonda la condotta. Studia i fondamenti razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico, ovvero distinguerli in buoni, giusti, leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti ingiusti, illeciti o sconvenienti secondo una condotta ideale. Ogni comunità si definisce tale per la condivisione di spazi, storia e costumi; all’interno di essa si strutturano delle regole condivise che emergono dagli scambi quotidiani senza che siano leggi scritte.

Una legge è considerata giusta quando rispecchia il sentire e il pensiero comune della collettività cui si rivolge.

All’interno della variabilità che caratterizza una comunità esistono realtà che lavorano in una stessa realtà professionale che prendono il nome di “categorie”.

Ogni categoria professionale regolamentata subordina l’esercizio dei propri membri al possesso di particolari requisiti morali e tecnico professionali, stabilisce e definisce le proprie regole di condotta attraverso uno strumento, scritto e reso pubblico, atto alla condivisione e alla regolamentazione della professione, sottraendo alcune valutazioni dal giudizio personale e arbitrario. Tale strumento è chiamato “Codice Deontologico”, e con esso le regole deontologiche si trasformano in norme giuridiche, la cui violazione comporta delle sanzioni.

Per “Ordine Professionale” si intende un’istituzione di autogoverno di una professione riconosciuta avente il fine di garantire la qualità delle attività svolte dai professionisti. Lo Stato affida ad esso il compito di tenere aggiornato l'Albo e di svolgere le funzioni disciplinari attraverso differenti strumenti, tra i quali il codice deontologico, tutelando la professionalità della categoria. I soggetti che ne fanno parte devono generalmente essere iscritti in un apposito albo, detto Albo Professionale.

Il Codice Deontologico degli Psicologi è entrato in vigore il 16/02/1998. Per approfondimenti vi rimandiamo a tale link: http://www.psy.it/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani.

Il codice deontologico non va visto solo nel suo valore disciplinare  o come elenco di proibizioni, ma è la carta d’identità dello psicologo. Una guida che orienta e rassicura. Sostiene il fondamentale esercizio del pensiero critico circa la propria identità professionale, su cui se ne fondano le azioni.

Il codice deontologico crea una coscienza collettiva tra i professionisti appartenenti all’Ordine, e ha anche la funzione sociale di rinforzare l’immagine pubblica dello psicologo: riconoscersi ed essere riconosciuti.

Nell’elaborazione del codice deontologico degli psicologi italiani, sono stati individuate quattro finalità ispiratrici:

  • La tutela del cliente - il segreto professionale, la correttezza della professione, la fiducia del rapporto, la non ricerca di vantaggi economici;
  • La tutela del professionista nei confronti dei colleghi - regole di solidarietà e colleganza: divieto di appropriarsi fraudolentemente dei prodotti del pensiero dei Colleghi; divieto di dare pubblicamente giudizi negativi a proposito della formazione e della competenza di altri psicologi;
  • La tutela del gruppo professionale - regole di decoro, dignità e autonomia della professione; obbligo di denunciare i casi di abusivismo;
  • La tutela e la responsabilità nei confronti della società - responsabilità nell’uso delle conoscenze e competenze relative alla psicologia e al comportamento umano per la promozione del benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità.

Ma come raggiungere tali finalità?

Quattro sono le principali guide della condotta professionale dello psicologo:

  • Meritare la fiducia del cliente – professione come servizio. Fondamentale la costruzione di un rapporto professionale fiduciario, dove il cliente possa essere totalmente sicuro che l'agire del professionista sia a suo vantaggio;
  • Possedere una competenza adeguata a rispondere alla domanda del cliente – la consapevolezza cioè da parte del professionista dei propri limiti e risorse, rifiutando e quindi inviando a terzi gli interventi per cui non si è competenti. La pratica senza adeguata formazione viola norme del codice;
  • Usare con giustizia il proprio potere – data anche l'asimmetricità della relazione. Tre sono le regole fondamentali: non ricercare il vantaggio personale e rispettare l'autonomia del cliente, non provocare danno, mantenere una condotta decorosa e dignitosa per la professione;
  • Difendere l'autonomia professionale - concetto a favore della categoria professionale, del singolo professionista e dell'utenza. Interventi psicologici agiti da soggetti privi di competenze specifiche danneggiano la categoria e ancor più il destinatario.

Il Codice deontologico definisce l’operato dello psicologo in quanto appartenente a una categoria professionale, ma non ne esaurisce l’impegno etico come singolo cittadino nella società. E’, quindi, una bussola sia per il professionista sia per l’utenza, per orientarsi e sostenersi nella professione, per la propria tutela e per quella del cliente. Pertanto, l’impegno della Rete è anche avere uno sguardo critico rispetto alle scelte sociali e istituzionali, non sempre in linea con il benessere della collettività.